mercoledì 18 novembre 2020

 An Imperfect Prince and a Worthless Princess





Your imperfect Prince will wait today

To slate the dragon on your path

Your tears fall on this rainy day,

Worthless Princess 

An imperfect  Prince will slay the dragon,

But the castle wilts without a rose.


Paolo Driussi

domenica 25 ottobre 2020

That Sudden Kiss




A kiss amidst this air

Revives your eyes to amazed gaze.

A sudden kiss blown 

An incomplete heart to care.

Breathless almost, the dreamer let,

That sudden kiss which blew amidst,

Helpless lips near that met,

In lost eyes, love won't resist.


Paolo Driussi

domenica 18 ottobre 2020

 Someday



Someday I will would walk on newly cobbled garden trail,

I haven’t done for a long while although it’s nearby.

Someday I will sit by the window open on the autumn night,

When I had done this last I wouldn’t for sure know.

I would like to feel again the zephyr of youth that had passed me by.


Paolo Driussi

mercoledì 14 ottobre 2020

 

Quella polenta con lo zucchero durante la rotta di Caporetto




Quella polenta con lo zucchero durante la rotta di Caporetto

Fra i miei ricordi incancellabili vi sono le dolenti vicissitudini condivise con i miei familiari in ordine alla tragica ritirata di Caporetto. Mio fratello Gino, militare al fronte sull’Isonzo, che col suo reparto ripiegò in quei giorni della seconda metà di ottobre del 1917, nell’imminenza del pericolo corse a Udine, scongiurandoci di fuggire, considerando soprattutto il rischio che potevano correre le due giovani sorelle. ”Gli austriaci e i tedeschi vengono avanti come belve!” furono le sue testuali parole.La sera del 27 ottobre, radunate poche cose raccolte in fagotti su un carrettino a mano, sotto una pioggia a dirotto ci incamminammo per viale Venezia, fra un caos indescrivibile di civili, militari italiani e alleati, carriaggi e cannoni. Giunti nei pressi del campo di aviazione di Campoformido, notai che nei prati laterali alla strada tutto era stato dato alle fiamme: ardevano hangar e magazzini che non si voleva lasciare cadere in mano nemica. Volgendomi verso Udine, vedevo i bagliori degli alti falò che si levavano dai depositi militari della città. La pioggia insistente ci accompagnò fino a Codroipo che raggiungemmo fra mille stenti. Mi ricordo che era buio e tremavo: l’acqua entrava dal colletto della camicia e scendeva per la schiena fino ai piedi. Eravamo fradici e mio fratello Leonardo che reggeva le stanghe del carretto non voleva più proseguire per la stanchezza e lo sgomento. A Codroipo trovammo alloggio per la notte in una stalla di contadini che erano indecisi se scappare o rimanere. Erano però impressionati, sapendo che noi eravamo di Udine e altra gente di Cividale e dintorni. Il giorno successivo decidemmo come altri profughi di proseguire il nostro cammino, non per la strada nazionale, ingombra in modo impressionante di caotico traffico, ma lungo la linea ferroviaria, a piedi naturalmente. Quindi, lasciato il carretto nella stalla, sempre sotto la pioggia, ci incamminammo con qualche fagotto per raggiungere i binari della ferrovia. Avevamo fatto poca strada quando improvvisamente un reggimento di cavalleria italiano lanciato al galoppo verso Udine tagliò la colonna di profughi ed io mi trovai con mia sorella Virginia diviso da altri familiari. Per un po’ sentii mia madre che mi chiamava ad alta voce, ma io e mia sorella, terrorizzati dalla carica della cavalleria, non potemmo ricongiungerci ai nostri cari e ci disperdemmo. Ci saremmo poi ritrovati a tarda notte al di là del ponte ferroviario sul Tagliamento. Arrivammo al ponte dopo il tramonto per la lentezza della marcia, essendo anche la linea ferroviaria superaffollata.  L’attraversamento del ponte avveniva lentissimamente a uno a uno con terrore, perché il fiume era in piena e l’acqua toccava quasi le arcate. Poiché si temevano bombardamenti aerei, al ponte stesso erano state tolte le lamiere del fondo da un lato, per cui il passaggio si svolgeva in una notte da tregenda su uno strettissimo corridoio e si vedeva l’acqua scura tumultuante che scorreva sotto i piedi a lato! Era tale la calca presso il ponte che veniva ripetuta a intervalli e passata l’un l’altro la voce: “Avanti! Avanti!”. Incombeva il pericolo che sul ponte arrivassero da un momento all’altro i nemici. Il ponte qualche ora dopo il nostro passaggio fu fatto saltare con sopra civili, soldati italiani, austriaci e tedeschi. Ricongiunto ai miei, mia madre ci fece ricoverare tutti in un casello e con la farina portata con noi e salvata dalla pioggia, cucinò in un paiuolo una grande polenta che mangiammo intinta in un po’ di zucchero che un capitano aveva con sé. Parteciparono al pasto tutti i soldati che erano nel casello. Fuori bivaccavano qua e là attorno a fuochi improvvisati civili e militari. All’indomani ancora sotto una pioggia incessante, proseguimmo a piedi per la strada ferrata fino a Sacile, dove potemmo salire su una tradotta militare che ci portò a tappe fino a Firenze. Qui fummo alloggiati in brande nella chiesa di Santa Maria Novella. Dopo due giorni ci avviarono a Pallerone, località della Toscana in provincia di Massa Carrara, dove arrivammo di notte e trovammo ospitalità in una chiesa con poca paglia sul pavimento raggruppati per famiglie. Dopo qualche tempo ci sistemammo alla Spezia fino al ritorno, ai primi del 1919, a Udine alle nostre case che trovammo spoglie di tutto. Alla Spezia le mie sorelle trovarono lavoro come sarte presso l’Unione Militare e mio fratello Leonardo presso una fonderia di cannoni. Io vi frequentai la seconda media. La mia professoressa di lettere ripeteva: “Mio marito è morto nella battaglia di Pozzuolo del Frìuli”.Mi ritornava alla mente il ricordo di quel reggimento di cavalleria italiana lanciato al galoppo verso Udine che aveva tagliato in due la colonna dei profughi. Mi permettevo di correggerla: “Signora professoressa, si dice Friùli, non Frìuli”. Un giorno fui accompagnato a scuola da mio fratello Gino che, ritrovatici tramite la Croce Rossa Italiana, ottenne un breve permesso dal fronte del Piave ove si trovava. Il mio preside ebbe alte parole d’elogio per lui e lo additò ad esempio per il suo valore agli studenti. I miei compagni di classe organizzarono una colletta per farmi dono di una cartella di cento lire del prestito consolidato al 5 per cento del Regno d’Italia. Nella tragica ritirata di Caporetto ci furono molti componenti di una stessa famiglia dispersi. In seguito alcuni si ritrovarono attraverso annunci sui giornali o, com’era stato per noi, per il tramite della Croce Rossa Italiana, altri poterono ricongiungersi solo a guerra finita. Durante il periodo di profuganza infierì la febbre spagnola che ebbe a mietere più vittime della guerra mondiale.


  • Giuseppe Driussi

martedì 13 ottobre 2020

 

Writing at night




The young poet pens down,

Releasing the words he writes,

Inspired by the starry sky,

His rhymes take flight.

But they’re just words

Written on a window sill.

 

Paolo Driussi

sabato 10 ottobre 2020


The Mirror




The mirror tells the elderly they are teens

Sometimes the mirror lies

I was once old but now I am not

I threw the mirror to see time fly 

But it always comes back more cracked.


Paolo Driussi.

 A Whole Afternoon





Talking with him

Smiling and laughing

All of his quirks

Without anyone else stealing his gaze


You get to bask in all of him

And show him

What being with you is like


A whole afternoon

To show him how to fall in love.


Paolo Driussi.


giovedì 8 ottobre 2020


Neighborhood





Porch lights channeling,

Centering to a point in the distance,

Pathways catching light.

First little raindrops cling to a street light,

A street in a neighborhood silent at midnight.


Paolo Driussi

mercoledì 7 ottobre 2020



Things look better in the daylight 




Willow trees weep to a water's edge

Once his golden moon was shone down

A gleaming charm on silver lined sky,

His years of glory, eclipsing, rotating, 

My years on hold.

It took decades for my life to unravel. 

And when  it was fully a mess

It was too late to gather up the strings

And make something whole of it again.

I just ran around sighing, unraveled for a while,

Not sure how to handle it.

Then there comes a time when

You are lying awake at three in the morning

And it comes to you. 

You know it, somewhere in the recess of your mind,

That you’re unraveling. 

Then three a.m. turns to eight a.m.

And things look better in the daylight. 

You’re going to be ok. 

You pull your sweater tight against you 

And you go on not noticing the gaping hole.

Golden dust falls by leaves on a  path.

He stopped,

I go on.


Paolo Driussi.

sabato 22 agosto 2020

 Hands in our pockets




I am no hero,

and I'm no antagonist.

I'm a common man at least.

In my dreams I’m strong,

But not now. I’m helpless now.

Then I’m waking up.


I try not to think.

Sometimes I just ramble, rant,

And laugh for too long.


But now our eyes focused on pavement,

Hands in our pockets,

Looking for the words

To feed strangers.


Paolo Driussi. 

martedì 4 agosto 2020



Riding in the Rain





You are talking to a wall,
Take a deep breath
No need to go on 
About something so small.
You’ve made your point clear
Now let's drop it all.

Thunder echoes overhead,
White strikes to the floor
The thunderstorm is bred.

Paolo Driussi

martedì 14 luglio 2020

First Dead Leaves




Falling raining
Splashing sound
The only noise to be found
In the colorless room

His story told through
A swift movement of the hand

But all good things must be
Short and memorable like a song.

Looking back with longing
I hope to find that song once more.

I asked if it was night
and you untied my blindfold
and showed me the day.

The dead leaves around us
contrasted the sky.

Paolo Driussi.

venerdì 10 luglio 2020

Riddles




Why must we be so
Imperfect, shallow beings?

Your meaning evades me,
But I adore you so.
For now I'll watch you.

Lift my heart up,
And send me more riddles.

Paolo Driussi

domenica 22 marzo 2020


My silent melodies








As hard as I try
To photograph a rainbow
Away from the voices of roaring tongues
In the mouths
Of people who misunderstand
The silent melodies
Of my own still lips
Only make me wonder more.

Paolo Driussi

venerdì 10 gennaio 2020

Hammamet





Con il suo timore di prendere una posizione politica netta, “Hammamet”. a tratti noioso e lento, condanna ancor di più Bettino Craxi all’oblio, nonostante la straordinaria prova di Favino. E’ un film con elementi buoni ed altri meno, in bilico tra il riuscito ed il non riuscito. I riferimenti alla politica, a Tangentopoli, sono appena accennati, dei frammenti. Pertanto l’immagine che ne esce è quella di un politico che sì ha commesso i suoi piccoli peccati, ma senza essere stato l’unico. E ciò viene ripetuto varie volte lungo il film. Nella sequenza onirica del pre-finale c’è l’ultima apparizione del compianto Omero Antonutti nella parte del padre di Craxi. Ad eccezione di Livia Rossi nel ruolo della figlia e del cameo di Renato Carpintieri nel ruolo di un non meglio identificato politico, gli altri personaggi risultano poco ben delineati dalla sceneggiatura o mal recitanti. Incomprensibile la scelta di “Cento giorni” di Caterina Caseli del 1966 sparata a mille nel corso di una evento all’aperto nel giardino della villa e ancora di più un Alberto Paradossi nel ruolo di Bobi Craxi, che suona la chitarra e canta, doppiato, “Piazza Grande” di Lucio Dalla. Tutti cantano e noi vediamo il controcampo di Craxi, come se quel volto, quel momento e quella canzone insieme significassero qualcosa. Ma se così fosse, mi è oscuro che cosa potesse sottintendere.

Paolo Driussi