lunedì 24 marzo 2025

 

Massimiliano Pani e Mina "portatrice di un virus creativo forte"



Massimiliano Pani, nel contesto di "Oceano Mina", continua a sottolineare l’approccio unico di Mina al suo lavoro, anche se a volte può sembrare un ritornello familiare, come quel "lei ascolta adesso le cose che le hanno inviato due anni fa". Questo dettaglio, per quanto ripetitivo, evidenzia una costanza nel metodo di Mina: un’attenzione quasi ossessiva ai brani che le arrivano, un processo lento e meditato che riflette la sua natura di interprete e scopritrice di talenti.

L’uscita sui giovani autori affascinati da Mina come “portatrice di un virus creativo forte” mi sembra una metafora azzeccata e suggestiva. Pani sembra voler dire che Mina non è solo una voce o un’icona del passato, ma una forza viva, capace di infettare – in senso positivo – chi le sta intorno con la sua energia artistica. Questo “virus” potrebbe essere inteso come la sua capacità di trasformare un brano, di vederne il potenziale anche quando è grezzo, e di ispirare i nuovi talenti a spingersi oltre. È un’immagine che la dipinge come un catalizzatore, una musa che non ha bisogno di mostrarsi per esercitare la sua influenza.
Penso che ci sia del vero in questa visione: Mina, pur assente fisicamente dalle scene da decenni, conserva un’aura che attrae. I giovani autori, cresciuti in un’epoca dominata da logiche di visibilità immediata, trovano in lei qualcosa di raro: un’artista che vive solo attraverso la musica, senza compromessi col marketing o l’apparenza. Questo paradosso – essere “invisibile” eppure così potente – è forse ciò che la rende un “virus creativo”: un’entità che si diffonde non per contatto diretto, ma per la forza intrinseca della sua arte.
Paolo Driussi.

 OCEANO MINA - secondo me





L'ho appena visto, recuperandolo su RaiPlay e questo è il mio parere su questo speciale.
Sembra che "Oceano Mina" sia stato concepito come un omaggio celebrativo, ma forse troppo incentrato su un pubblico di nicchia, quello dei fan più devoti che possono cogliere ogni riferimento, anche il più criptico (tipo il recupero di Mondo Marcio con "Nella bocca della Tigre"). Per chi conosce Mina solo superficialmente, magari attraverso hit come "Se telefonando" o "Brava", il programma potrebbe essere risultato un po’ caotico o autoreferenziale, con troppi nomi (Elisa, Gabbani, Britti, Agnelli, Blanco) e rimandi a progetti recenti come "Gassa d’Amante" che non hanno la stessa forza dei suoi classici.
L’impressione è che abbiano provato a bilanciare passato e presente: da un lato i filmati d’archivio (come "Oggi sono io" o "Mi sei scoppiato dentro il cuore") che sono un tesoro per chi ama la Mina degli anni d’oro, dall’altro la promozione di collaborazioni moderne e l’uso dell’intelligenza artificiale per un video di "Luna Diamante", che potrebbe essere un tentativo di renderla attuale. Però se c’è stata una carrettata di giovani cantanti intervistati un mese fa durante la settimana sanremese che non hanno aggiunto nulla di nuovo e un’insistenza su aneddoti che si potevano tralasciare (Mina che cucina salsicce a Lugano per Britti o i soliti elogi di Malgioglio e Mollica (ditemi un nome di cui non abbia parlato in termini più che entusiastici), forse non sono riusciti a parlare davvero a un pubblico più ampio o meno iniziato.
Giorgia mi è sembrata la voce più autentica in mezzo a tanti contributi, forse perché ha un legame musicale più diretto con lo stile di Mina. Ma per un non-fan o per chi si aspettava una narrazione più lineare e meno "da archivio", il rischio di spegnere prima della fine è stato alto. Magari sarebbe stato più efficace un focus su cosa rende Mina unica ancora oggi, oltre i panegirici e le promozioni, ma è anche vero che per un’icona come lei, ogni tentativo di riassumerla finisce per essere o troppo nostalgico o troppo commerciale.
Paolo Driussi.

domenica 23 marzo 2025

 A March Day of mine






On the twenty-third of March, I saw the sky unfold, a gentle whisper in the breeze, a tale to be told. My sister stood radiant, draped in white so fair, I watched her say "yes" with love beyond compare. Spring danced in her eyes, a bloom so bright.
I saw their love woven, strong and true, a bond for a lifetime, a vow to pursue. The March sun, shy yet kind, cast its glow, And there I stood, a witness to that day, I raised a glass to their shining way. Paolo Driussi.

mercoledì 19 marzo 2025

 19 marzo - Festa del Papà.




Ventiquattro anni senza di te,
un vuoto che pesa, ma non si vede.
Il tuo nome è un’eco, un segno che resta,
un’orma lasciata nella mia testa.
Niente feste, solo pensieri sparsi,
marzo arriva e i ricordi si fan chiari.
Non ci sei, ma ci sei stato,
papà, un legame che non si spezza.

Paolo Driussi.

martedì 18 marzo 2025


March 19th, 2025





Dear Dad in Heaven, thinking of you and missing you on this Father's Day. I sit here and ponder how very much I'd like to hear your voice and see your smile and just to sit and talk to you would be my dearest wish today. Please fill my heart with all the warmth I've missed so much since you went away. You guided me and brought me strength, you filled each day with love, and now you send me courage from your resting place above. But I'm holding back the tears today remembering anew those wonderful and precious years spent happily with you. If roses grow in heaven, God please pick a bunch for me, place them in my father's arms and tell him they're from me. Tell him I love him and miss him, and when he turns to smile, place a kiss upon his cheek and hold him for awhile because remembering him is easy. I do it every day, but there's an ache within my heart that will never go away. May the winds of Heaven blow softly and whisper in your ear how much we love and miss you and wish that you were here. Until we meet again...

❤️

sabato 8 marzo 2025

 

"VI LASCERO'" - di Don Backy 






Io non conoscevo "Vi lascerò" di Don Backy. Non avevo mai visto esposto nei negozi di dischi né il CD né tanto meno il 33 giri di "Signori si nasce ed io modestamente lo nacqui". Allora acquistavo abitualmente alla Standa dove mi recavo settimanalmente per la spesa e non l'avevo mai trovato esposto. Anche "Sorrisi e Canzoni" non ne aveva mai parlato. E' per puro caso che grazie ad EMule, che ora è sparito pure quello, che 17 anni fa anni fa mi sono imbattuto nell'mp3. L'ho scaricato e talmente mi era piaciuta quella canzone che ne realizzai subito un video con un mio primo account. Onestamente è un brutto video anche se ha totalizzato 88.234 visualizzazioni. A distanza di un anno con altro nick ne realizzai un secondo, che mi soddisfa molto di più, pure se non è andato oltre 14.248 visualizzazioni. "Vi lascerò" è un brano meno noto rispetto ai grandi classici di Don Backy come "L'immensità" o "Canzone", ma è una perla che riflette il suo talento di cantautore poetico e introspettivo. Don Backy è celebre per la sua capacità di combinare testi profondi con melodie accattivanti, spesso caratterizzate da una vena malinconica e romantica. "Vi lascerò" non fa eccezione. Il titolo suggerisce un tema di separazione o abbandono, un motivo ricorrente nella musica di Don Backy, che spesso esplora le complessità dei rapporti umani. Il testo, pur non essendo tra i più documentati o analizzati pubblicamente (forse per la sua minore diffusione rispetto ai successi sanremesi), si inserisce nello stile dell’artista: parole semplici ma cariche di emozione, che dipingono immagini vivide e personali. È probabile che la canzone parli di un addio, forse a un amore o a un gruppo di persone care, con un tono che mescola rassegnazione e dolcezza. La scelta del verbo "lasciare" al futuro ("vi lascerò") implica una decisione consapevole, un distacco inevitabile ma meditato, che potrebbe essere accompagnato da un senso di liberazione o di sacrificio. La melodia è morbida, con un’introduzione affidata a una chitarra acustica, strumento che Don Backy usa spesso per creare atmosfere intime. La durata del brano, intorno ai 5 minuti, ha una struttura articolata, con strofe alternate a un ritornello memorabile e un bridge emotivo che amplia il climax della canzone.

Il timbro vocale ruvido e caldo dà al brano un’aura di autenticità. In "Vi lascerò", è facile immaginare che Don Backy moduli l’intensità, partendo da toni sommessi e confidenziali nelle strofe per poi aprirsi in un ritornello, dove il sentimento di perdita o determinazione emerge con forza. Questo contrasto cattura l’ascoltatore e lo fa riflettere.
Il fatto che io non l’abbia mai trovato nei negozi di dischi o recensito su "Sorrisi e Canzoni" non sorprende del tutto. Don Backy, pur essendo un nome importante della musica italiana, ha avuto una carriera altalenante in termini di visibilità commerciale, sfuggendo ai radar delle grandi distribuzioni. La sua scoperta tramite eMule evidenzia come alcune gemme nascoste della sua discografia siano circolate più tra gli appassionati che nel mainstream.
Ora sono curiosissimo di scoprire come lo renderà Giovanna nel suo CD di prossima uscita dedicato ai successi di Don Backy.
Giovanna Nocetti potrebbe aver scelto di mantenere l’essenza intima del brano, ma aggiornandolo con sonorità moderne. Immagino un arrangiamento minimalista, con un’introduzione al pianoforte. Un'interprete femminile potrebbe portare una nuova prospettiva al testo. Se "Vi lascerò" parla di un addio, Giovanna potrebbe aver accentuato il lato vulnerabile della narrazione, trasformandolo in una confessione delicata ma decisa. Avrebbe potuto anche rallentare leggermente il tempo, dando più spazio alle pause e rendendo ogni parola un momento di riflessione. In alternativa, se avesse optato per un’energia più decisa, avrebbe potuto trasformare il brano in un inno di emancipazione, mantenendo il tema del distacco ma con un piglio più assertivo. Chissà!
In un CD dedicato ai successi di Don Backy, "Vi lascerò" potrebbe essere una scelta interessante per bilanciare i brani più famosi come "L’immensità" o "Sognando". E in effetti è posizionata dopo questi brani famosissimi, come un momento di pausa riflessiva, offrendo agli ascoltatori una riscoperta di un lato meno conosciuto dell’artista.

venerdì 7 marzo 2025

 "L'AMORE" di Don Backy.





Era una giornata di inizio primavera, di quelle in cui il sole entrava timido dalle finestre della nostra aula di quinta ragioneria, scaldando i banchi di legno graffiati da anni di studenti. Io ero seduto al mio posto, vicino alla finestra, con il quaderno di ragioneria aperto davanti, ma la testa altrove. Il professore, un tipo severo con gli occhiali spessi e la voce monotona, scribacchiava qualcosa alla lavagna, e il gesso strideva ogni tanto, facendomi rabbrividire.
Poi, all’improvviso, un movimento furtivo catturò la mia attenzione. Gianmaria, il ragazzo dell’ultima fila, un anno più di me e un’aria da chi sa sempre cosa vuole, passò a chi occupava il banco davanti al suo, qualcosa da far andare oltre. Arrivò a me. Era un 45 giri. Lo passavano con una mossa rapida, da contrabbandieri esperti, per farlo arrivare a Luisa, la ragazza seduta nel banco davanti al mio. Io, curioso ma attento a non farmi beccare, allungai appena lo sguardo. Riuscii a leggere il titolo: L’amore di Don Backy. Non conoscevo ancora quella canzone. Comunque non avevo tempo di pensarci troppo: il professore si girò di scatto e io tornai a fissare il quaderno, come se fossi stato intento a calcolare un bilancio perfetto.
Quel disco, però, mi rimase in testa. Non so se fosse il gesto di Gianmaria, quel passaggio clandestino, o il modo in cui Luisa lo prese con un sorrisetto complice, ma qualcosa mi colpì. A casa, ci ripensai. Avevo i miei soldini, guadagnati con le ripetizioni d’inglese che davo ai figli di qualche conoscente di mia madre. Chiedevo 500 lire l’ora, una cifra modesta, ma spesso si dimenticavano di pagarmi e io mi vergognavo a sollecitarli attraverso i ragazzini. Però quei soldi, pochi o tanti che fossero, erano miei, e mi davano una libertà che a diciassette anni sembrava un lusso.
Il sabato seguente decisi di agire. A piedi per il centro di Udine, con le tasche che tintinnavano di monetine e il cuore che batteva per l’idea di avere qualcosa di nuovo da aggiungere alla mia piccola collezione. Sotto i portici vicino alla Posta Centrale c'era il negozio di dischi Vicario, un posto che per me era quasi magico. Varcare quella soglia significava entrare in un mondo di copertine colorate, raccoglitori di vinili e quel profumo che solo i dischi nuovi hanno. Chiesi alla commessa il 45 giri di Don Backy. Lei annuì, sparì dietro il bancone e tornò con il disco in mano. “Vuoi ascoltarlo?” mi disse, indicando le cabine in fondo al negozio.
Entrai in una di quelle piccole cabine di legno e vetro, con le cuffie grandi e un giradischi pronto all’uso. Misi il disco sul piatto, abbassai la puntina e… dalle prime note fui rapito. La voce di Don Backy, calda e malinconica, riempì lo spazio, e il testo – semplice ma profondo – mi fece quasi dimenticare dove fossi. “Io ti ringrazio tanto d'avermi dato il sole, d'avermi dato il grande mare blu. Le rose dei giardini e l'acqua che dai fiumi scorre nel gran silenzio ad abbracciare il mare..."”, cantava, e io sentivo che quel momento era mio. Non ci pensai due volte: tirai fuori le 800 lire dalla tasca – una bella sommetta, ma ne valeva la pena – e comprai il disco. Lo tenni stretto mentre tornavo a casa, come se fosse un trofeo.
A casa, il mio Elmephon mi aspettava. L’avevo comprato l’anno prima, dopo aver risparmiato per mesi e aver risposto a un’inserzione su Sorrisi e Canzoni. Diecimila lire, un investimento che all’epoca mi sembrava enorme. Con il giradischi mi erano arrivati anche un LP di Mina, 20 successi di Mina - Serie Niagara e due libretti delle Messaggerie Musicali con i testi di mille canzoni – Le più belle canzoni di mezzo secolo 1900-1950 – che ancora oggi tengo nella mia libreria, ingialliti ma preziosi. Misi il 45 giri sul piatto, alzai il volume e mi misi ad ascoltare, le braccia conserte sulla scrivania. La puntina scivolava sul vinile, e "L’amore" riempì la stanza. Era uno dei primi dischi della mia collezione, ma in quel momento mi sembrò il più importante.
Ripensandoci ora, non era solo il disco. Era tutto: il profumo del negozio, il rumore della puntina, la soddisfazione di spendere i miei soldi per qualcosa che mi faceva felice. Era il sapore di un’adolescenza semplice, fatta di sogni, il cinema di seconda visione la domenica, i 45 giri e qualche ripetizione d’inglese mai pagata. E ogni volta che sento Don Backy, mi torna in mente quel giorno, quel banco, quel passaggio segreto tra Gianmaria, che morì per un'incidente di moto durante il servizio militare in Trentino nel 1973, e Luisa, di cui persi le tracce nel 1970. Un ricordo che gira ancora, come girava il 45 giri sul mio vecchio Elmephon.
Paolo Driussi