"L'AMORE" di Don Backy.
Era una giornata di inizio primavera, di quelle in cui il sole entrava timido dalle finestre della nostra aula di quinta ragioneria, scaldando i banchi di legno graffiati da anni di studenti. Io ero seduto al mio posto, vicino alla finestra, con il quaderno di ragioneria aperto davanti, ma la testa altrove. Il professore, un tipo severo con gli occhiali spessi e la voce monotona, scribacchiava qualcosa alla lavagna, e il gesso strideva ogni tanto, facendomi rabbrividire.
Poi, all’improvviso, un movimento furtivo catturò la mia attenzione. Gianmaria, il ragazzo dell’ultima fila, un anno più di me e un’aria da chi sa sempre cosa vuole, passò a chi occupava il banco davanti al suo, qualcosa da far andare oltre. Arrivò a me. Era un 45 giri. Lo passavano con una mossa rapida, da contrabbandieri esperti, per farlo arrivare a Luisa, la ragazza seduta nel banco davanti al mio. Io, curioso ma attento a non farmi beccare, allungai appena lo sguardo. Riuscii a leggere il titolo: L’amore di Don Backy. Non conoscevo ancora quella canzone. Comunque non avevo tempo di pensarci troppo: il professore si girò di scatto e io tornai a fissare il quaderno, come se fossi stato intento a calcolare un bilancio perfetto.
Quel disco, però, mi rimase in testa. Non so se fosse il gesto di Gianmaria, quel passaggio clandestino, o il modo in cui Luisa lo prese con un sorrisetto complice, ma qualcosa mi colpì. A casa, ci ripensai. Avevo i miei soldini, guadagnati con le ripetizioni d’inglese che davo ai figli di qualche conoscente di mia madre. Chiedevo 500 lire l’ora, una cifra modesta, ma spesso si dimenticavano di pagarmi e io mi vergognavo a sollecitarli attraverso i ragazzini. Però quei soldi, pochi o tanti che fossero, erano miei, e mi davano una libertà che a diciassette anni sembrava un lusso.
Il sabato seguente decisi di agire. A piedi per il centro di Udine, con le tasche che tintinnavano di monetine e il cuore che batteva per l’idea di avere qualcosa di nuovo da aggiungere alla mia piccola collezione. Sotto i portici vicino alla Posta Centrale c'era il negozio di dischi Vicario, un posto che per me era quasi magico. Varcare quella soglia significava entrare in un mondo di copertine colorate, raccoglitori di vinili e quel profumo che solo i dischi nuovi hanno. Chiesi alla commessa il 45 giri di Don Backy. Lei annuì, sparì dietro il bancone e tornò con il disco in mano. “Vuoi ascoltarlo?” mi disse, indicando le cabine in fondo al negozio.
Entrai in una di quelle piccole cabine di legno e vetro, con le cuffie grandi e un giradischi pronto all’uso. Misi il disco sul piatto, abbassai la puntina e… dalle prime note fui rapito. La voce di Don Backy, calda e malinconica, riempì lo spazio, e il testo – semplice ma profondo – mi fece quasi dimenticare dove fossi. “Io ti ringrazio tanto d'avermi dato il sole, d'avermi dato il grande mare blu. Le rose dei giardini e l'acqua che dai fiumi scorre nel gran silenzio ad abbracciare il mare..."”, cantava, e io sentivo che quel momento era mio. Non ci pensai due volte: tirai fuori le 800 lire dalla tasca – una bella sommetta, ma ne valeva la pena – e comprai il disco. Lo tenni stretto mentre tornavo a casa, come se fosse un trofeo.
A casa, il mio Elmephon mi aspettava. L’avevo comprato l’anno prima, dopo aver risparmiato per mesi e aver risposto a un’inserzione su Sorrisi e Canzoni. Diecimila lire, un investimento che all’epoca mi sembrava enorme. Con il giradischi mi erano arrivati anche un LP di Mina, 20 successi di Mina - Serie Niagara e due libretti delle Messaggerie Musicali con i testi di mille canzoni – Le più belle canzoni di mezzo secolo 1900-1950 – che ancora oggi tengo nella mia libreria, ingialliti ma preziosi. Misi il 45 giri sul piatto, alzai il volume e mi misi ad ascoltare, le braccia conserte sulla scrivania. La puntina scivolava sul vinile, e "L’amore" riempì la stanza. Era uno dei primi dischi della mia collezione, ma in quel momento mi sembrò il più importante.
Ripensandoci ora, non era solo il disco. Era tutto: il profumo del negozio, il rumore della puntina, la soddisfazione di spendere i miei soldi per qualcosa che mi faceva felice. Era il sapore di un’adolescenza semplice, fatta di sogni, il cinema di seconda visione la domenica, i 45 giri e qualche ripetizione d’inglese mai pagata. E ogni volta che sento Don Backy, mi torna in mente quel giorno, quel banco, quel passaggio segreto tra Gianmaria, che morì per un'incidente di moto durante il servizio militare in Trentino nel 1973, e Luisa, di cui persi le tracce nel 1970. Un ricordo che gira ancora, come girava il 45 giri sul mio vecchio Elmephon.